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NINO FAZIO, traversata solitaria stile libero VULCANO - CAPO CALAVA'
23.07.2006

le altre Vulcano - Capo Calavà di Nino sono qui: 1987 - 2005


 tutte le foto sono di Marcello Aricò

ringraziamenti

Raccontare la mia ultima Vulcano - Calavà non è così semplice. La storia di questa traversata è durata assai più dei 21 km e delle 5h.35'.05" di nuoto: è una storia durata 365 giorni e oltre mille chilometri di allenamento. E' una storia in cui ho conosciuto e fatto i conti con il mio carattere, con aspetti di debolezza e di forza che non sapevo di avere, e con il carattere di altre persone, delle quali ho capito fino in fondo il valore e i sentimenti nei confronti miei e dello sport che ci lega.

 

La mia traversata del 2005, portata a termine tra mille difficoltà ma con un tempo tutto sommato buono (5h.55'.56") era stata fonte di una gioia un po' effimera. Ero riuscito ad abbassare il mio vecchio tempo di 6h.27'.23" ottenuto nel 1987 ma sapevo che il risultato era stato condizionato da troppi elementi negativi e che non rappresentava il tempo migliore che avrei potuto ottenere.  Ma tutto sommato non mi sarebbe mai passato per la testa di rifare la traversata l'anno successivo, se dopo solo 6 giorni Cristina e Fabrizio non avessero abbassato il mio tempo, contro ogni pronostico e probabilmente al di là delle loro stesse aspettative. 


Il pomeriggio del 22 Luglio si parte da casa... il morale della truppa è alto.

La storia della loro traversata sarà affidata alle loro stesse parole, ma per me che l'ho vissuta dalla barca appoggio e con il record in tasca che mi scivolava via come sabbia attraverso un crivello è stata un'esperienza strana. Vedere i propri più cari amici e compagni di allenamento, insieme ai quali si è coltivato il sogno della grande traversata eoliana e con i quali si sono condivisi impegni e sensazioni dell'impresa e della sua preparazione, mentre abbassano un tempo che hai ottenuto meno di una settimana prima, con una barca che li accompagna a meraviglia, senza le incomprensioni e contese sulla rotta e le correnti che pochi giorni prima ti avevano ostacolato, non è una situazione psicologica facilmente decifrabile. Come non essere felice per loro? Come non essere rammaricato per me stesso? La storia dello sport ha vissuto mille di queste situazioni, ma trovarvisi dentro è un'altra cosa.


Mattina del 23, ore 6.15: la barca di Natale mi preleva sulla spiaggia di Vulcano e mi porta al punto di partenza

La cosa più strana di tutte, almeno per chi non conosce i soggetti in questione, è che nè a Cristina nè a Fabrizio importava nulla di battere il mio tempo, trattandosi in termini astratti di un risultato che sembrava non pronosticabile. Ma come sappiamo le traversate in mare non sono gare in piscina. Ogni giorno è diverso dall'altro, ci sono i venti, le correnti, ci sono le mani che guidano il timone. Le barche che ieri si muovevano come treni sui binari, domani saranno come palline impazzite di un flipper. Senza rubare nulla a nessuno, hanno abbassato il mio tempo di 17 minuti. La loro splendida nuotata è stata premiata da quel quid che è mancato alla mia.


Dopo un anno esatto rivivo la stessa scena: la Colapesce di Fiannacca ancorata a poca distanza dal faro, zeppa di amici.


... e tra questi, Benito. Lo ringrazio per essere venuto e mi risponde: "Ringraziami all'arrivo!". E Cristina sa perchè.

Avrei potuto, forse dovuto, prenderne atto e basta. Ma la Vulcano - Calavà è qualcosa che sento troppo "mia". Nello stesso momento in cui loro toccavano terra sapevo che prima o poi l'avrei riprovata. E fin da quel momento ho sentito che i miei amici avrebbero capito: ne ho avuto conferma dalla grande sportività di Cristina durante l'intervista ad RTP e dal fantastico "Ci devi riprovare!" di Fabrizio, in risposta la mio timido "..forse la vorrò rifare l'anno prossimo". Non solo mi hanno capito, ma da quel preciso momento hanno iniziato a lavorare con me per il nuovo tentativo. Poche cose ti fanno  sentire un imbecille quanto lottare per un record del quale importa solo a te, per di più aiutato da chi quel record lo detiene!  


Fabrizio e Cristina ricevono i miei famigerati foglietti di istruzioni e li leggono con pazienza, poco importa che loro sappiano già cosa fare tanto quanto me.

Altra cosa: il nuovo tentativo sarebbe stato l'ultimo, in ogni caso. Per i miei 45 anni, per la mole di tempo e di allenamento che richiedeva, per i sacrifici che imponeva a me e a chi mi sta vicino. E dato che le probabilità di rifare il record erano il 50%, occorreva anche fare i conti con il restante 50, cioè con la probabilità concreta di non riuscire nell'intento e di convivere con questa realtà per il resto della mia vita. Occorreva quindi lavorare su me stesso e guardarmi bene dentro, per capire se mi sentissi pronto anche per questa eventualità. Nel corso dell'inverno e della primavera avevo pensato molte volte a tutto questo, e alla fine mi ero reso conto che il desiderio di provare era più forte di qualsiasi altra cosa, anche della paura di fare una traversata peggiore dello scorso anno. Se così fosse stato, mi ero detto, pazienza: l'idea di tornare a nuotare nel mio mare, di ripartire dalle stesse rocce nere e di arrivare sulle stesse rocce rosse era un'idea che mi attraeva troppo. Avevo voglia di riprovarci, e l'incertezza del risultato rendeva ancora più eccitante l'avventura. Posso dire di avere veramente deciso di rifare la traversata solo quando ho capito che non ne avrei fatto una malattia nel caso fosse andata male e che quello che desideravo era soprattutto di vivere un'altra grande nuotata in mare aperto. 

 

Nivea a go go e spiegazioni sul GPS mentre Fabrizio ascolta (o finge di farlo) e il cronometrista Parasporo osserva interessato (o finge pure lui).

L'ultimo ostacolo, a parte la nuotata in sè, era l'ostinata decisione di Benito Vittorio Cannuci di non guidare altre traversate dopo quelle dello scorso anno. Quanto questa decisione fosse legata alle incomprensioni con Fiannacca sorte durante la mia traversata del 2005 e quanto alle condizioni fisiche non perfette del settantenne barcaiolo di San Giorgio, non so. Ma alla fine, dopo un inverno e una primavera di "delicata pressione" da parte mia, grazie all'assicurazione di avere a disposizione una barca da poter condurre personalmente (la stessa utilizzata l'anno precedente per accompagnare Cristina e Fabrizio), alle condizioni di salute migliorate e alla favorevole intercessione della signora Cannuci ("Vittorio, se stai bene per Nino lo devi fare") Benito Vittorio c'era. E non era un particolare trascurabile. Se volevo nuotare e raccogliere i frutti della mia fatica, stavolta il timone doveva essere solo nelle sue mani.


Dal faro di Gelso ci spostiamo a Punta dei Porci, da dove si partirà. Mare e cielo sono scuri, ma il sole spunta tra le nuvole.


Le foto di rito con Marcello, che insieme a Benito è l'unico ad essermi stato accanto in tutte le mie tre Vulcano-Calavà, e che è l'autore di tutte le foto.


Cristina ha sulle spalle un numero esagerato di traversate eoliane. Nessun consiglio merita ascolto più attento, anche da parte di un altro veterano.

La storia della traversata, in sè è presto detta. Forse le foto di Marcello Aricò la raccontano meglio delle parole. Le condizioni del tempo, un po' preoccupanti in partenza per il cielo coperto, sono state tutto sommato buone. Ho tirato, tirato, tirato. Forse sono partito un po' forte, ma occorreva lasciare Vulcano alla svelta. La grande intuizione di Cannuci è stata quella di assecondare il vento di ponente in partenza, condizione piuttosto negativa per la rotta che avremmo dovuto tenere, confidando nell'incontro con corrente opposta a metà del "canale". Così ha scelto di allungare il percorso di alcune centinaia di metri per sfruttare lo scarroccio. Come facesse a sapere quale corrente avremmo incontrato alcune miglia più avanti, fa parte dei suoi segreti professionali! Fatto sta che le cose sono andate esattamente così, e se per tutte le prime 4 ore sono stato in costante ritardo rispetto al record di Cristina e Fabrizio, nell'ultimo tratto sono riuscito a recuperare. Mi è stato di grande aiuto il gps, i cui dati mi venivano segnalati ogni ora da Fabrizio: mentre nuotavo, la mia mente si arrovellava in calcoli di medie e proiezioni.... capivo che se le cose fossero rimaste come nelle prime ore, la traversata l'avrei finita ma il record non l'avrei preso.


Uno sprazzo di sole, e il tuffo verso le rocce nere. 


Se il buongiorno si vedesse davvero dal mattino, sarebbe meglio lasciar perdere. Debbo tornare in barca perchè gli occhialini si rompono ancor prima di partire. E il sole va di nuovo via...

Il ritardo sulla proiezione finale arriva fino ai 700 metri verso le 4 ore e mezza, e non nascondo di non averci creduto più, a quel punto. Però c'erano ancora le mie forze, i 12 km al giorno nuotati nelle ultime settimane, e soprattutto c'erano Benito Vittorio al timone e Fabrizio e Crisitna che non smettevano di incitarmi. E per fortuna, i conti di Cannuci erano esatti: gli ultimi chilometri sono stati a favore di corrente e il recupero è stato possibile, anche se ho dovuto dare l'anima per rientrare nella media del record. Nell'ultima ora ho forzato come mai in vita mia, lottando non solo contro la stanchezza e il tempo, ma portando la fatica fino alla soglia del dolore fisico. Nella mia mente due pensieri apparentemente contrastanti: da un lato sentivo che in ogni caso la traversata sarebbe stata la migliore delle mie tre, e che anche se non avessi preso il record sarebbe rimasta uno splendido ricordo - e poi il record restava per così dire "in famiglia"; dall'altro lato, avevo la consapevolezza che il cronometro non si era ancora fermato, che nelle mie braccia c'era ancora forza, e che mai più mi sarei ritrovato in quel mare e col record a portata di tiro: era un'occasione da sfruttare fino all'ultima bracciata.


E finalmente si parte davvero. Sole o non sole, onde o non onde, Capo Calavà sto arrivando!


All'orizzonte la costa siciliana assume forme più distinte, ma restano ancora tanti chilometri....


La segnalazione alle tre ore: il GPS segna che ho da percorrere ancora poco meno di 10 km, ancora in ritardo sulla mia tabella di marcia ideale!


Finalmente la sagoma di Capo Calavà si distingue chiaramente, almeno dalla barca. Comincio a dar fondo alle riserve di energie, occorre forzare davvero per rientrare nel tempo.

La roccia bianco-rossastra di Capo Calavà si avvicina. Malgrado mi sia alimentato regolarmente ogni mezz'ora ho una sensazione di sete pazzesca. Ma siamo quasi arrivati e occorre solo spremere le ultime gocce di energia. La sensazione di gioia nel vedere riapparire il fondo, con la sabbia, i sassi e le alghe, dopo ore e ore di blu totale è qualcosa che solo chi ha nuotato in mare aperto può capire.


... e intanto in barca si gozzoviglia e si posa per i fotografi. Fabrizio ha perfino mangiato uno dei miei mini-panini. Sabotaggio in piena regola.


Gli ultimi chilometri sono fatti quasi in apnea, a testa bassa. I rifornimenti durano tre secondi, lo sguardo si fissa sulla prua della barca di Benito, le indicazioni dal gps si fanno più frequenti e mi accorgo di iniziare a recuperare sul tempo.

Appena tocco terra, mi viene detto che il record è mio per meno di due minuti. E' per quello che ho affrontato un anno di preparazione, l'organizzazione, l'allenamento, è per quello che ho nuotato come un pazzo per 5 ore e 35 minuti e 5 secondi? Mi sento talmente stanco e svuotato, che in quel momento fa davvero poca differenza. Se fosse rimasto a Fabrizio? Era quello il pensiero a cui mi ero "allenato". In quei minuti ho capito che anche quel tipo di preparazione mentale aveva dato i suoi frutti: so che mi sarei sentito in ogni caso felice di avere dato tutto e di avere vissuto un'altra giornata meravigliosa e indimenticabile.


Tocco terra. E' la fine di un anno di lavoro. Solo in questo momento mi dicono che sono riuscito ad abbassare il tempo.


Elisabetta mi sorregge. Non ricordo di essere uscito molte volte dall'acqua barcollando, ma stavolta ho dato davvero tutto, tutto, tutto, forzando per 5 ore e mezza e sempre sul filo dei secondi.

Sulla spiaggia di Calavà il comitato di accoglienza lascia un po' a desiderare. A parte Ninni e Peppe Lotta più due anziane amiche di mia madre, arrivo nel deserto e nell'indifferenza generale. I bagnanti continuano a pensare ai bagni, qualcuno ci rimprovera persino per essere arrivati con le barche fino alla riva. Di questo dobbiamo ringraziare la stampa locale, che evidentemente ha "pompato" a dovere l'evento, caricando le masse - già calde per i trionfi calcistici - al punto giusto. Per richiamare l'attenzione dei media, cerco qualcuno a cui dare una testata "à la Zidane". Così, forse, qualcuno riterrà il nostro sport un po' meno "minore" e lo riterrà degno di una foto sul suo giornale. Per fortuna c'è Elisabetta: solo con lei ho un attimo di "liberazione" e la tensione si scioglie. 


Più che gioire, ho un piccolo crollo, due secondi che non sono sfuggiti all'obbiettivo di Marcello. Difficile da spiegare... ma la traversata è durata un anno e mille chilometri, ben più di quella sola mattina.

La traversata è finita. Non farò più la Vulcano - Capo Calavà, qualsiasi cosa accada domani. Ho inventato questa nuotata 19 anni fa: il mio primo record è durato 18 anni, il secondo è durato 6 giorni. Quanto durerà il terzo non lo so. So che ho avuto la fortuna di affrontare queste esperienze in compagnia e con l'aiuto concreto di persone assolutamente grandiose: Cristina, Fabrizio, Benito Vittorio in cima a tutti, senza dimenticare Marcello Aricò, Parasporo, Fiannacca. Ognuno di noi ha dato una mano ad abbassare poco per volta il tempo dalle 6h.27'.23" del 1987 alle 5h.35':05" del 2006, portando il proprio contributo fatto di bracciate, incitamento, determinazione, esperienza, competenza nel proprio campo, sicurezza. 

Nella lunga storia del nuoto di fondo italiano abbiamo scritto un'altra pagina, alla quale ognuno darà il valore che riterrà di dare.  Senza l'amore per il nostro sport, per il nostro mare e una profonda amicizia non avremmo fatto nulla di tutto questo. 


e prima che il Colapesce riprenda la via di Messina, i cronometristi Parasporo e Mantarro mi consegnano il referto cronometrico originale. 
Cosa non si fa, oggi, per un "pezzo di carta"!

GRAZIE A:

  • Cristina Scotto e Fabrizio Mandanici per avermi spinto a provarci ancora e per avermi rassicurato sul fatto che ne avrebbero compreso i motivi. In particolare, il "Ci devi riprovare!" di Fabrizio dopo il suo record è stato fondamentale e gliene sarò sempre molto grato, così come lo sarò per la sportività dimostrata da entrambi in occasione del loro record nelle dichiarazioni alla stampa. L'aiuto che ho ricevuto da loro nel concepire, organizzare e realizzare questa traversata è stato assolutamente fondamentale, nel senso più completo del termine: se non ci fosse stato, non ce l'avrei fatta.

  • Benito Vittorio Cannuci, per tante cose: intanto per essere ritornato sulla sua decisione di aver chiuso con le traversate, accettando di essere ancora una volta al mio fianco; forse lo aveva già nel cuore, forse ha avuto successo il mio modo di porgergli la cosa ("abbiamo cominciato insieme 20 anni fa, chiudiamo insieme"). Poi, per la cosa più importante: avermi condotto alla perfezione in un giorno in cui le correnti nascondevano diverse insidie che avrebbero mandato fuori strada chiunque - ma non lui! 

  • Marcello Aricò, amico e medico della traversata, ex nuotatore di fondo. Come sempre, fondamentale! Per le foto che vedete qui, per la sicurezza, per l'entusiasmo. Uno dei pilastri delle traversate nei mari messinesi e insieme a Benito l'unico ad essere stato con me in tutte e tre le mie Vulcano-Calavà..

  • Nino Parasporo della Federazione Cronometristi di Messina, per l'amicizia, la professionalità e la partecipazione con cui segue le nostre traversate.

  • Antonio Spoto di www.nuotosicilia.it  per la grande collaborazione prestata nella diffusione della notizia alla stampa specializzata.

  • Antonio Sangiorgi e Domenico Bertè di RTP, Radio Televisione Peloritana di Messina, per averci dato una mano a far conoscere il nostro Sport alla nostra terra. Ragazzi bravi, professionali e simpatici, con occhi orecchie e cuore anche per gli sport senza palla e miliardi.

  • Elisabetta: hai visto? Sono riuscito a farlo senza fare impazzire la famiglia, restando a mare ogni mattina con te, Emma e Andrea, e senza portare a casa tensione. In questo sì, sono stato davvero bravo. Brava anche tu e, prometto, "non lo faccio più"!

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