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NINO FAZIO, traversata solitaria stile libero VULCANO - CAPO CALAVA'
18.07.2005

le altre Vulcano - Capo Calavà di Nino sono qui: 1987 - 2006

ringraziamenti

L'avventura era iniziata nel cuore dell'inverno. Sentivo che era l'anno giusto per riprovare la lunga traversata che avevo "inventato" diciotto anni prima, nel mare che ogni giorno di ogni estate vedo di fronte alla mia finestra, tra le Eolie e la Sicilia. Sarà stato l'avvicinarsi dei 44 anni, sarà stata la nuova ventata di entusiasmo per il nuoto portata dalla nascita di questo sito web e dalla ricostruzione della storia di mille altre traversate, non so. Ma l'idea cresceva dentro di me, anche attraverso le mille chiacchierate con Cristina, Fabrizio e Marco, e capivo che anche stavolta il sogno non sarebbe rimasto nel cassetto.

La prima cosa era cercare chi mi aveva accompagnato nel 1987... Nino Musciumarra non avrebbe potuto più essere al mio fianco, troppi gli anni e gli acciacchi per il grande Squalo. Ma la ricerca di Benito Vittorio Cannuci, il marinaio di S. Giorgio di Gioiosa che mi aveva guidato con la motobarca Serena, dava esito positivo. La barca non c'era più, aveva fatto naufragio qualche inverno prima e giaceva ormai, inclinata su di un fianco, sulla spiaggia di fronte alla pineta di S. Giorgio. Tutt'altro che in disarmo era invece Benito, vivace ed entusiasta come al solito, pronto a raccontare le sue storie di mare ed a far suo l'impegno di guidarmi nel miglior modo possibile. La barca sarebbe invece venuta da Messina, grazie alla disponibilità di un altro mito del nuoto in mare, Giovanni Fiannacca, tuttora imbattuto recordman della singola traversata dello Stretto.

Dopo i primi incontri "a tavolino", delineiamo l'organizzazione della traversata. La rotta sarà tracciata da Benito, la barca sarà condotta da Fiannacca. A me toccherà nuotare!

L'estate 2005 è caratterizzata dalla grande instabilità delle condizioni meteomarine: quando tutto è già pronto, il maestrale mi obbliga a rinviare la traversata di alcuni giorni, e la prima data utile - i capricci del caso - è la stessa di diciotto anni prima, il 18 luglio! E' difficile spiegare la tensione indotta dalla necessità di tenere sotto controllo e gestire tutti questi elementi: la disponibilità delle persone che mi accompagnano (medico, cronometrista, barcaioli, ecc.), le comunicazioni con le Capitanerie di Porto, le prenotazoni alberghiere da spostare all'ultimo minuto, le condizioni del tempo e del mare che potrebbero in ogni momento costringermi ad un secondo rinvio, l'allenamento con una fase di scarico che rischia di diventare troppo lunga... E così, al momento della partenza mi sento più leggero che nervoso. A differenza del 1987 la visibilità è ottima, e la roccia chiara di Capo Calavà si vede fin dalle prime bracciate. Questo, insieme al tanto allenamento sulle spalle, mi dà una relativa tranquillità. Poi la compagnia sulla barca fa il resto.

Le consuete cerimonie della vestizione si consumano nella luce magica del mattino. La Colapesce I di Fiannacca mi preleva al molo di Gelso alle sette, e mezz'ora più tardi sono pronto a partire dalla Punta dei Porci, nome prosaico per il teatro di un'epica impresa. Ma non essendoci nè Capo degli Audaci, nè Scoglio dei Campioni, nè Golfo degli Eroi, ci si può accontentare anche di Punta dei Porci. 




L'incoraggiamento degli amici, il saluto con Benito Vittorio, poi il tuffo liberatore verso lo scoglio dal quale partirò. Due meduse, ma del muro urticante che temevo nessuna traccia, e l'acqua è calda e piacevole. Pochi minuti dopo, il fischio del cronometrista Parasporo, e si parte!

Le prime bracciate sono, naturalmente, tese alla ricerca del ritmo giusto. Mi assesto intorno alle 74 bracciate al minuto, e vado. La corrente purtroppo non mi aiuta in questo primo tratto, è contraria e mi muovo poco, pur senza avere problemi perchè il mare è calmo. Ma capisco che le cose non si mettono troppo bene quando dopo un'ora il gps segnala che ho percorso solo 3 km: qualcosa non va! Sento di nuotare bene, so di non essere lento, ma il mare non mi fa allontanare da Vulcano. Si alza una brezza da Est, e cominciano i problemi con il barcone che a causa della sua mole non riesce a stare alla mia sinistra senza venirmi addosso, e resta in bilico tra l'opzione uno (falciarmi con l'elica) e l'opzione due (assistermi da lontano come se fossi un cetaceo a rischio estinzione). 
Fortunatamente Fiannacca è nuotatore, oltre che uomo di mare, e capisce al volo la situazione. Senza esitare, scende nella lancia a remi e affida il timone della Colapesce al figlio Antonio. In questo modo riesco ad avere sempre la barca al mio fianco per almeno quattro ore, ore in cui Giovanni rema, rema, rema, mentre io nuoto, nuoto, nuoto. Nella barchetta c'è anche Cristina, che mi dà le segnalazioni sui tempi e cura l'alimentazione (per i curiosi: ogni 30' sali e zuccheri, più per due volte the al fruttosio con due mini-panini morbidi). 

Sono ore intense, dure ma allegre. Il ritardo accumulato in partenza è stato  recuperato e spero che il peggio sia passato. La corrente ora è neutra rispetto alla direzione di gara, e il mare è tranquillo. Vulcano finalmente si allontana in modo percepibile, e Cristina e Giovanni mi tengono su con il tifo e le battute. Dio mio, quant'è bello nuotare in mare! Mi sento molto bene, e capisco di avere lavorato bene nei mesi precedenti, non ho stanchezza e riesco a tirare abbastanza. Dalla mia posizione, però, non posso rendermi conto dei problemi che stanno minando la riuscita della traversata.
Il barcone che deve fare la rotta non riesce a stare vicino a sufficienza, e probabilmente Benito non riesce ad avere la libertà decisionale che gli era stata promessa. Fiannacca è ai remi al mio fianco, e senza rendermene conto mi trovo in mezzo ad una situazione di non perfetta armonia tra mezzi e persone. Quando dopo quattro ore e mezza il gps segna due miglia dalla costa di Capo Calavà, penso di avercela ormai fatta. Un'ora, e sono a casa, penso. 

Mi rendo invece conto, quando si alza improvviso lo scirocco, che Benito avrebbe voluto giustamente portarmi più a levante rispetto alla rotta rettilinea che il Colapesce stava seguendo, in modo da avere meno difficoltà a rientrare su Calavà negli ultimi chilometri, e che ormai è troppo tardi per riparare. Il vento si fa teso, gli spruzzi mi sferzano il viso. Fiannacca fa troppa fatica ad avanzare a remi dopo quattro ore di generoso sforzo e la lancia viene trainata dal barcone: il risultato è che da questo momento debbo pensare io a me stesso. 

Vado avanti mettendoci tutte le mie energie, guardando innanzi a me la rocca di Calavà che non si avvicina di un millimetro. Sono ancora in forze, per fortuna, ma il momento è tra i più difficili che abbia mai vissuto in mare: la barca appoggio resta troppo indietro o troppo avanti, ora decine ora centinaia di metri, e non mi serve più da riferimento. Trovare vento e mare contro dopo cinque ore di traversata è un'esperienza non piacevole, e doverla affrontare in solitudine è una sorta di duello tra te, le tue risorse e la natura.

Dalla riva qualcuno si rende conto delle mie difficoltà, e dal Villaggio Capo Calavà parte una canoa che alla fine riesce a darmi un riferimento, nel momento in cui la barca appoggio scompare alle mie spalle. Riuscito a portarmi al riparo della rocca di Calavà, trovo finalmente il mare nuovamente calmo e senza vento. Capisco che ormai nessuno può impedirmi di raggiungere la riva, anche se dentro di me ho tanta rabbia per avere dovuto nuotare in condizioni così difficili.

 Inutile dire che la rabbia svanisce all'istante nel momento in cui tocco terra! La fatica è finita, e la notizia di essere comunque sceso sotto le sei ore mi solleva un po', anche se "a freddo" un po' di rammarico resta. Forse è da stupidi, forse fa parte del dna dello sportivo. Ma mi rendo conto che bisognerebbe essere in grado di ampliare il proprio orizzonte per comprendere che il senso di una nuotata simile non è nei dieci minuti persi o guadagnati: il senso sta nell'essersi messi in gioco, nell'avere misurato il rapporto tra la fatica dell'allenamento e il rendimento nella prova, e nell'avere trascorso alcune delle ore più indimenticabli della propria esistenza nel più classico e infantile dei giochi, "arrivare da qui a là".

Quel puntino che era Andrea sulla spiaggia negli ultimi minuti è ora tra le mie braccia e mi comunica di avere visto da vicino una medusa. Tutto il resto scompare. La foto sopra becca anche Cristina mentre asciuga una lacrima che mi da il senso del coinvolgimento di tutt i miei amici nuotatori... 

Un'ultimo sguardo indietro a Vulcano, poi le chiacchiere e i racconti. Il ragazzo con la maglietta rossa è il canoista che mi ha dato una mano nelle ultime centinaia di metri quando ero rimasto solo. Spero di conoscere il suo nome prima o poi per ringraziarlo attraverso queste pagine.

bè, anche i nuotatori hanno una mamma!
E qui sotto ancora con Andrea ed Elisabetta.

Tutto lo staff: da sinistra, Marco Armato, il dott. Marcello Aricò, Cristina Scotto, io, Fabrizio Mandanici, Benito Vittorio Cannuci, Antonio e Giovanni Fiannacca; accosciato, il cronometrista Nino Parasporo.

GRAZIE A:

  • Marcello Aricò, amico e medico della traversata, ex nuotatore di fondo. L'aiuto che mi ha dato abbraccia gli aspetti più disparati (tra cui, non ultimo,  il procurarmi un passaggio per raggiungere la partenza!) e il suo intervento è stato provvidenziale e fondamentale per la riuscita della traversata.  Grazie anche per le mille foto che ha fatto, molte delle quali sono su questa pagina.

  • Benito Vittorio Cannuci, per avere accettato di accompagnarmi e guidarmi in condizioni difficili e con una barca non sua, sobbarcandosi stress e fatica fisica in nome di una vecchia amicizia, con la passione di chi ama il mare e la gente che in un modo o nell'altro lo vive.

  • Giovanni Fiannacca, per avere remato per 4 ore e mezza al mio fianco. Grande!

  • Diana Sport e Di Natale Sport di Milazzo, per il materiale offerto per nuotatore e accompagnatori.

  • Antonino Parasporo della Federazione Cronometristi di Messina, per essersi reso disponibile al posto di un collega che mi ha piantato in asso il giorno prima della traversata, e per la simpatia dimostrata verso il nostro gruppo di fondisti.

  • Antonio Spoto di www.nuotosicilia.it  per la grande collaborazione prestata nella diffusione della notizia alla stampa specializzata e locale.

  • Domenico Bertè di RTP, Radio Televisione Peloritana di Messina, per averci dato una mano a far conoscere il nostro Sport alla nostra terra. 

  • Ninni Giunta, Carmelo Recupero e la Sezione di Messina della Lega Navale Italiana.

  • Pippo Nicosia e la "Nuoto Milazzo C. Nicosia".

e più di tutti a:

  • Elisabetta, per aver capito il mio cuore e non essere mai stata gelosa del mio amore per il mare e del tempo che gli ho dedicato.

  • Cristina, Fabrizio, Marco, per aver condiviso con me ogni istante della preparazione, del progetto e dell'attuazione della traversata, e per avermi aiutato a risolvere i mille problemi che si sono presentati nell'organizzazione.

Grazie anche al dott. Riccardo Trifilò  per il provvidenziale 'strappo' da Vulcano a Gelso all'alba del giorno della traversata,  e un sincero ringraziamento al dott. Daniele Sinardi che non ha potuto essere al mio fianco a causa dello spostamento della data dovuto al maestrale, ma che aveva sposato il progetto fin dal primo istante con entusiasmo e professionalità.

Una dedica: a Nino Musciumarra, che ha vissuto un anno più difficile della più difficile traversata che ha mai compiuto, ma che non ha mancato di farsi sentire al mio fianco quasi come 18 anni fa. A mio padre, che stavolta non c'era più per accogliermi all'arrivo... c'era un altro Andrea, quest'anno, spero ti abbia fatto piacere.

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